Disturbi alimentari

Nella società attuale i disturbi alimentari interessano un’ampia fascia di persone. Accanto alle forme più conosciute quali:

  • anoressia
  • bulimia
  • binge eating

si stanno diffondendo nuovi disagi:

  • ortoressia
  • vigoressia

L’ortoressia è un’attenzione eccessiva all’alimentazione corretta.
La vigoressia è una ricerca esasperata del fisico atletico e muscolarmente ipertrofico.

L’ideale di perfezione

Disturbi alimentari. La richiesta di aderire ad un ideale di perfezione e bellezza viene insistentemente proposta dalla società. Questa richiesta può incontrarsi con aspetti di fragilità personale o con un’immagine distorta o negata del proprio corpo.

In questi casi il rapporto con il cibo può diventare difficile o patologico. Soprattutto durante il delicato processo di separazione-individuazione tipico dell’adolescenza.

 

La crescita

Crescere comporta accettare una nuova immagine di sé e la separazione dagli antichi oggetti d’amore. Richiede, pertanto, il superamento della dipendenza e la perdita dell’illusione di onnipotenza propria dell’età infantile.

Ma il conflitto necessario per portare a termine la propria maturazione può non essere vissuto pienamente. In questo caso l’accettazione di confini e limiti, sia intrapsichici che interpersonali, può divenire molto difficoltosa.

Il rapporto con il cibo è, infatti, calato nel rapporto con l’altro a tal punto che spesso lo rappresenta. Ha a che fare quindi con dinamiche di relazione familiare, sociale, culturale. E’ legato agli aspetti più profondi delle esperienze di relazione primaria.

 

Il trattamento terapeutico

E’ per questi motivi che il trattamento terapeutico dei disturbi alimentari dovrebbe prendere in considerazione la persona nella sua interezza. Dovrebbe quindi considerare la manifestazione evidente del disturbo come un sintomo che non può essere risolto senza un lavoro sulla causa che lo ha reso manifesto.

Il rischio di un approccio circoscritto al sintomo è infatti quello di continuare a non dare un senso a ciò che attende proprio di essere significato. Solo così può divenire finalmente elaborabile all’interno di una relazione.

Ogni movimento verso l’autonomia della persona passa attraverso l’incontro con il reale, con le frustrazioni, con l’impotenza, la mancanza e il limite. L’esperienza di un oggetto troppo reale e presente può rendere difficile una buona separazione e integrazione del sé. Può impedire lo sviluppo pieno di una capacità di pensare e di simbolizzare l’altro e la realtà. Fantasie, pensieri primitivi, terrori indicibili rimangono incistati nel corpo senza riuscire a trovare un’altra forma di comunicazione.

Risulta quindi importante cercare di dare voce a quanto non detto e non pensato. Rendere pensabili contenuti caotici e scissi. Elaborare vissuti legati alla trasmissione trans-generazionale. Sviluppare una capacità di mentalizzazione e di simbolizzazione che possa superare e significare esperienze sensoriali e corporee. Accedere ad un pensiero astratto in grado di tollerare l’attesa e l’assenza.

Questi cambiamenti sono possibili solo attraverso una relazione con l’altro che non sia centrata sul disturbo fisico, ma che sappia mantenere saldo il rapporto, troppo spesso scisso, tra mente e corpo.