Se preferisci puoi ascoltare questo articolo su Spotify avviando il Podcast Impatto psicologico del Covid-19La voce dello Psicologo è un progetto in collaborazione con AdolescenzaInForma e l’Associazione culturale Brillantemente. Testi a cura della Dott.ssa Prisca Ravazzin e del Dott. Matteo La Rovere. Voce del Dott. Matteo La Rovere (fb – instagram). 

La vita al tempo del Coronavirus

Che impatto ha avuto e continua ad avere il Coronavirus per ciascuno di noi e per la società in cui viviamo?

Una prima considerazione è che ciascuno può essere toccato da questa pandemia in modi molto diversi. In base alla sua sensibilità personale, al modo in cui normalmente affronta i momenti difficili e incerti e alla sua capacitò di gestire le emozioni.

Marta ha 14 anni. Il passaggio dalle medie alle superiori è stato difficile. Ha da subito sentito una forte pressione a prendere bei voti. Nella nuova classe ha respirato, per mesi, un rapporto di competizione e rivalità così intollerabili per lei che stava pensando di ritirarsi. L’arrivo del Coronavirus l’ha costretta a stare a casa, ma questa reclusione forzata ha subito allevato la sua fatica. Adesso che non è costretta a stare in classe per tutta la mattina sente meno la competizione e riuscirà a finire l’anno.

La nostra è una società in cui il risultato e la performance occupano un ruolo centrale. Ma in questo periodo alcuni livelli di competitività sembrano attenuarsi. Gli studenti non sono più costretti a confrontarsi in modo diretto con compagni e professori, molti lavoratori sono in smart working, molte attività sono sospese, molti bandi, gare e concorsi sono rimandati.

Marco ha 16 anni. E’ timido e introverso. Ha sempre preferito i contatti a distanza perchè lo facevano sentire meno esposto. Ma si sentiva diverso e solo. Dal momento in cui tutti sono stati costretti a stare in casa, ha iniziato a sentirsi meno isolato. Adesso tutti usano solo i social per comunicare come lui faceva da tempo!

Per altri invece non poter uscire di casa è vissuto con insofferenza e ansia.

Maria e Andrea sono una coppia molto attiva, genitori di 3 figli. Da quando non si può uscire e le scuole sono state chiuse si trovano a dover gestire il lavoro da casa, con la presenza dei figli, senza poter ricorrere al prezioso supporto dei nonni. Maria è stanca, preoccupata per il lavoro che rischia di perdere, in ansia per il futuro. Fatica ad alzarsi dal letto, scoppia facilmente a piangere e alza la voce con marito e figli.

Possiamo quindi dire che ciascuno ha reagito alla pandemia anche sulla base dei suoi vissuti precedenti e dello stato in cui si trovava quando è iniziata l’emergenza sanitaria: la quotidianità di una famiglia numerosa sarà diversa da quella di una persona che vive sola; l’esperienza di un adolescente sano sarà diversa da quella di un anziano con patologie pregresse.

Ma, oltre a questo, ciascuno può essere toccato dalla pandemia a partire dagli eventi concreti che ha vissuto. Di certo le esperienze di un medico in prima linea in un reparto Covid sarà molto diversa da quella di chi ha perso il lavoro. L’esperienza di chi si è ammalato o ha perso una persona cara sarà molto diversa da quella di chi è stato costretto a stare a casa, ma non è entrato in contatto diretto con il virus.

Qualcosa però accomuna esperienze così diverse, ed è la necessità che ciascuno riconosca quello che sta vivendo. Questa è infatti una situazione che si impone come dato di realtà. Non è un’opinione o una sensazione, ma un fatto. Eppure spesso è difficile vedere la realtà e rendersi davvero conto di quello che sta succedendo. Il rischio è quello di oscillare tra un allarmismo catastrofico, che getta nel panico, ad un’irresponsabile e narcisistica indifferenza, che fa pensare che si tratti solo di un’influenza un po’ più forte delle altre.

Riconoscere e accettare la realtà è il primo passo per potersi preparare ad affrontarla con tutti i mezzi propri e della società un cui viviamo.

Il Coronavirus è stato infatti paragonato a molte altre gravi pandemie della storia dell’umanità, ma non possiamo dimenticare che il suo impatto sociale oggi, nel 2020, ha caratteristiche molto diverse da quelle che può avere avuto la spagnola tra il 1918 e il 1920. Quella attuale è una società mobile, dinamica e strettamente connessa, che ha a disposizione una tecnologia così avanzata da permetterci di rimanere vicini anche in caso di quarantena e di avere sempre a disposizione una quantità anche eccessiva di informazioni. Eppure rimane una società fragile che si è dimostrata impreparata ad affrontare una situazione così delicata.

Questo pericolo sembra aver portato l’umanità ad unirsi con gesti affettuosi e scelte di grande solidarietà, proprio perchè la minaccia è esterna e riguarda tutti. La salvezza di ciascuno passa anche dalle azioni degli altri, della collettività.

Fabio è un uomo di 34 anni. Ha sempre sentito il mondo ostile e guardato le persone intorno a lui con sospetto. Da quando è arrivato il Coronavirus segue con attenzione le indicazioni di comportamento e si sente meno minacciato. Le paure paranoiche che ha da tempo e che prima proiettava verso il mondo esterno, adesso sono concentrate in un unico nemico reale riconosciuto da tutti. Fabio è temporalmente più sollevato.

Nello stesso tempo la reclusone forzata, l’isolamento, il non sapere quando le cose cambieranno, può suscitare ansia e depressione. Le perdite affettive ed economiche possono mettere fortemente alla prova. Ma negare o minimizzare quello che accade non è la soluzione.

Accettare l’esperienza vissuta permette di affrontarla mettendo in gioco le proprie risorse. Significa evitare di ricorrere all’idealizzazione illusoria che tutto questo ci renderà migliori e riconoscere che stiamo vivendo un’esperienza difficile, in molti casi drammatica.

All’uomo non appartengono solo buoni sentimenti e senso di fratellanza, ma anche odio e aggressività, sopratutto quando siamo spaventati. L’altro è anche il nostro limite. E questo virus ci costringe a riconoscere molti limiti, passaggio difficile in una società che sembra spesso credersi onnipotente e immortale.

Essere consapevoli di quello che sta succedendo senza negare quello che accade e senza lasciarsi travolgere dalla realtà esterna, e dalle angosce che può sollecitare dentro di noi, può aiutarci ad affrontare questo momento. Ma una volta risolta questa situazione potremmo incontrarne altre difficili e impreviste nel cammino della nostra vita.

L’idea quindi potrebbe essere quella di accettare che debolezze e limiti facciano parte della nostra condizione umana, non solo in questo tempo del coronavirus, e cercare di tollerare questa nostra finitezza.

Colgo l’occasione per ringraziare tutte le persone che con il loro lavoro stanno salvando vite, alleviando sofferenze, portando un po’ di sollievo o cercando di debellare il virus!

(Foto di Orna Wachman da Pixabay)