La memoria

La memoria comprende tanto quello che viene registrato, trattenuto e reso continuamente disponibile al soggetto, quanto quello che rimane, apparentemente perduto, ma comunque vivo e presente nella nostra vita, se pure ad un diverso livello di accessibilità e consapevolezza. Se avessimo sempre tutto presente saremmo travolti dal numero e dalla forza delle immagini che potrebbero occupare ogni nostro momento. Saremmo in balia di una memoria “implacabile” che renderebbe difficile anche pensare.

Noi, in un colpo d’occhio, percepiamo tre bicchieri su un tavolo; Funes, tutti i rami e i grappoli e i frutti di un pergolato. Sapeva le forme delle nuvole australi dell’alba del 30 aprile 1882 e poteva paragonarle nel ricordo con le venature di un libro rilegato in pelle che aveva visto una sola volta e con il tracciato della schiuma che un remo sollevò nel Río Negro alla vigilia dell’impresa del Quebracho. Quei ricordi non erano semplici; ogni immagine visiva era legata a sensazioni muscolari, termiche, eccetera. Poteva ricostruire tutti i sogni, tutti i dormiveglia. Due o tre volte aveva ricostruito un giorno intero; non aveva mai esitato, ma ogni ricostruzione aveva richiesto un giorno intero. Mi disse: “Ho più ricordi io da solo di quanti ne avranno avuti tutti gli uomini da quando il mondo è mondo”. E anche: “I miei sogni sono come la vostra veglia”. E ancora, verso l’alba: “La mia memoria, signore, è come uno scarico di immondizie”. […]

Aveva imparato senza sforzo l’inglese, il francese, il portoghese, il latino. Sospetto, tuttavia, che non fosse molto capace di pensare. Pensare significa dimenticare differenze, significa generalizzare, astrarre. Nel mondo stipato di Funes, non c’erano altro che dettagli, quasi immediati”. (Borges, 2003, pp.100-103)

 

Il cervello

La memoria e la capacità di apprendimento sono possibili grazie alla plasticità del cervello. Ogni esperienza che facciamo lascia una traccia nelle sue trame nervose che permette la memorizzazione garantendoci un’esperienza della nostra continuità (Weiss, 1934). Freud riteneva che un evento potesse modificare in modo permanente la memoria e che lo stesso apparato psichico avesse origine in una stratificazione continua (Freud, 1896). Donald Hebb (1949) descrive come i neuroni che vengono eccitati insieme saranno predisposti a rifarlo in futuro, affermando l’idea di una serie di reti neurali che tendono a riattivarsi quando sollecitate da un particolare stimolo.

La memoria subisce “processi di ricategorizzazione continua che ritrascrivono continuamente antiche esperienze dentro nuovi frames relazionali e contestuali” (Falci, 2002, p.875). Kandel ha dimostrato come stimoli ripetuti sono in grado di modificare la struttura nervosa del cervello (Cassoni, 2004). Ma i ricordi non sono tracce immutabili, al contrario possono venire modificati dalle esperienze che viviamo in un momento successivo, inoltre sono strettamente legati alle emozioni che, a loro volta, sono associate agli aspetti cognitivi. Il cervello di un soggetto che pensa al suo passato mentre è sottoposto a neuroimaging si attiva sia nelle aree legate alle funzioni cognitive che in quelle legate alle funzioni emotive. Un’emozione intensa, vissuta in particolari circostanze, può ripetersi, in modo automatico, in circostanze simili.

 

L’inconscio

Esistono specifiche strutture cerebrali preposte alla memoria. Non siamo sempre consapevoli delle innumerevoli tracce registrate nelle trame nervose del cervello. Come descrive in modo molto poetico Proust nella sua “Ricerca del tempo perduto” uno stimolo esterno o un’associazione possono portare alla luce un ricordo che avevamo dimenticato, ma che era rimasto inscritto nel nostro cervello. Questo significa che abbiamo dei ricordi di cui non siamo consapevoli. Diversi esperimenti di neuroscienze dimostrano come questi ricordi possano influenzare le nostre azioni e le nostre scelte e di come esista in ciascuno di noi un inconscio cerebrale. Può esserci quindi un forte condizionamento inconscio che può guidare le nostre scelte senza che ce ne rendiamo conto.

 

La memoria implicita

La memoria implicita consente la registrazione più precoce dell’esperienza umana. E’ infatti l’unica memoria che l’uomo possiede fino ai due anni. Riguarda anche la vita intrauterina caratterizzata dal ritmo del respiro della madre, dalle pulsazioni del suo cuore, dal tono della sua voce, tutti elementi che vanno a costituire una primitiva percezione di costanza e di musicalità (Mancia, 2004). Queste prime esperienze preverbali e presimboliche costituiscono il nucleo inconscio della personalità del bambino, determinando la sua personalità e il suo modo di entrare in relazione con l’altro (Stern, Dafner e altri, 1998). Non essendo ancora sviluppate le strutture necessarie alla rimozione, questo nucleo primitivo resta al di fuori della coscienza. Tuttavia svolge un’essenziale funzione nel passaggio del neonato alla vita extrauterina, fornendo un’esperienza di continuità sensoriale rispetto alle sue precoci esperienze intrauterine e catalizzando le percezioni delle successive esperienze di contenimento da parte della madre.

Naturalmente la memoria implicita registra anche tutti quei macro e micro-traumi che possono essere vissuti in questo momento così precoce dello sviluppo. Quando un essere umano agisce secondo modalità che appartengono a questo tipo di memoria, pur essendo cosciente di quello che sta facendo, non può svolgere un’azione riflessiva (Correale, 2005).

Non tutte le reazioni e i comportamenti del soggetto quindi derivano da un’elaborazione cognitiva consapevole. Talvolta, in particolare quando lo stimolo in ingresso è spaventoso o potenzialmente traumatico, aree primitive del cervello, preposte alla sopravvivenza, forniscono risposte immediate e automatiche.

 

Il cambiamento

La memoria implicita diviene dunque l’unico luogo in cui nessuna traccia viene perduta, anche se rimane a livello inconsapevole. Le modalità attraverso le quali il bambino interagisce con l’ambiente, che in una fase molto precoce è caratterizzata soprattutto da stimoli sensoriali, vengono registrate nella memoria andando a costituire degli schemi primitivi che rimangono attivi anche in età adulta (Cassoni, 2004). Queste tracce mnestiche sono plastiche e, se raggiunte, sono suscettibili di trasformazione attraverso le stesse modalità con cui si sono costituite. Questo conferma che anche le informazioni contenute nella memoria implicita possono essere modificate, anzi, che la memoria implicita può essere considerato il luogo del cambiamento degli schemi primari di relazione e delle rappresentazioni più arcaiche.

Gli strumenti che appaiono più consoni ad ottenere questo tipo di cambiamento sono una sintonizzazione profonda con l’altro, un allineamento degli stati mentali, la disponibilità non solo a cogliere i segnali inviati dall’altro, ma anche a lasciarsi influenzare dallo stato della sua mente (Siegel, 1999). Nel rapporto psicoterapeuta-paziente diviene decisiva la fondazione di un senso, più che la ricostruzione di un episodio (Correale, 2005), così come la memoria del bambino si basa sull’esperienza di “essere-con-l’altro” e su situazioni durature ed emotivamente coinvolgenti.

 

Bibliografia

Borges J.L. (2003) Funes, l’uomo della memoria. In Id. Finzioni. Adelphi, Milano.

Cassoni E. (2004) La memoria implicita: luogo del cambiamento. Quaderni di Psicologia, Analisi transazionale e scienze umane, 41, 94-110.

Correale A. (2005) Linee di sviluppo del gruppo di studio su “Memoria implicita, Neuroscienze e Psicoanalisi” nell’ambito del gruppo di studio nazionale della SPI su “Psicoanalisi e Neuroscienze”. http: //www.psychomedia.it/ pm/ science/ psybyo/ correale.htm

Falci A. (2002) La competenza comunicativa e la sua influenza nella terapia psicoanalitica. Riv. Psicoanal., 48, 873-887.

Freud S. (1896) Lettere a Wilhelm Fliess 1887-1904. Bollati Boringhieri, Torino, 1986.

Hebb D.O. (1949) The organization of behavior: A neuropsychological theory. Wiley, New York. Cit. in Cassoni E. (2004) La memoria implicita: luogo del cambiamento. Quaderni di Psicologia, Analisi transazionale e scienze umane, 41, 94-110.

Mancia M. (2004) Sentire le parole. Archivi sonori della memoria implicita e musicalità del transfert. Bollati Boringhieri, Torino.

Siegel D.J. (1999) La mente relazionale. Cortina, Milano, 2001. Cit. in Cassoni E. (2004) La memoria implicita: luogo del cambiamento. Quaderni di Psicologia, Analisi transazionale e scienze umane, 41, 94-110.

Stern D.N., Dafner L.W. e altri (1998) Non-Interpretative Mechanisms in Psychoanalytic Therapy: the “Something more” than Interpretation, Int. J. Psycho- Anal., 79, 903-921. Cit. in Mancia M. (2004) Sentire le parole. Archivi sonori della memoria implicita e musicalità del transfert. Bollati Boringhieri, Torino.

Weiss E. (1934) La parte inconscia dell’io. Rivista Italiana di Psicoanalisi, 1, 3-23.