LMVDM – La mia vita disegnata male – Gipi

Di niente mi interesso ora. Ciechi gli occhi e pure muti gli orecchi e pure. Voglio solo fumare. Voglio solo fumare il fumabile. Voglio un divano oceanico. Ho mentito ogni volta che ho detto “sto bene“. Tutte le volte. E questo lo sapevano tutti. Ed è per questo che distoglievano gli occhi. Sono  siamo tutti vigliacchi. Non è vero? (p.5)

Vede, Dottor controluce, a volte ho dei mal di testa terribili. Credo di averli ereditati da mia madre. Guardi, Dottore, per fare un esempio: mia madre quando ero piccolo vomitava sempre, alla fine del pranzo. Quando lei vomitava io di solito stavo ancora mangiando, e lo stesso posso dire di mio padre e le mie sorelle. Il suono del vomito veniva dal bagno lontano, in fondo al corridoio lungo, a sinistra. Rimbalzava sui quadri arancioni con i cavalli, sbatteva nel pianoforte e tornava in cucina. Nelle pietanze, praticamente. Il piatto di mia madre restava incolto sul tavolo, chiaramente colpevole di qualcosa. Ma non capivo di cosa. (pp.6-7)

Sto imparando a  nuotare.
Importante è sentire l’acqua che scorre.
Non fare resistenza.
L’acqua deve scorrere via.
Armonici dovrebbero essere i movimenti delle braccia.
Di più.
E si deve stare calmi, quando si prende aria.
Bravo ci sei quasi. (pp.130-138)

Stitches – Ventinove punti – David Small

Avevo sei anni.
Detroit.
La mamma: la sua tossettina… ogni tanto un singhiozzo sommesso, dietro la porta… o gli armadietti di cucina sbattuti. Ecco il suo linguaggio. A tavola, una forchetta mossa di un centimetro a destra bastava a seminare terrore. Quei suoi isolamenti rabbiosi e taciturni potevano durare giorni, settimane perfino. Ma non diceva mai cosa pensava. E noi restavamo sempre nell’incertezza. Per lo meno, noi due figli.

Papà: tornato dal lavoro, prendeva a pugni un punching ball nel seminterrato. Ecco il suo linguaggio.

Mio fratello Ted picchiava sul suo tamburo.

E anch’io avevo imparato come esprimermi senza bisogno di parole… Mi ammalavo. Ecco il mio linguaggio. (pp.11-21)

Un sogno ricorrente, la cosa più strana è che non importa quante volte sogni la stessa cosa, ti coglie sempre di sorpresa. Per un anno, più notti a settimana, avevo fatto lo stesso percorso lungo lo stesso succedersi di stanze… corridoi via via più stretti e porte sempre più piccole… spuntando ogni volta con la stessa sensazione di incredulità e di sconforto, in quella chiesa sventrata dalle bombe.

Avevo 15 anni. (pp. 242-245)

Unastoria – Gipi

Dammi risposte complesse.
Please.
Parliamo di anatomia. Le ghiandole lacrimali.

Quando la vecchia si vide allo specchio. Per esempio. “Come sono diventata vecchia”. Disse. Ma mentiva. La vecchia, in quanto vecchia non poteva vedersi vecchia. Impossibile era per lei. Perché teniamo procedure di sicurezza e protezione, sai?

Aperta parentesi. Stavo per dire: “Perché la natura è benevola”. Stavo per dire questa strozzata. Chiusa parentesi. (p.7)

“Silvano Landi. Quarantanove anni. Nessun disturbo di questo tipo mai registrato prima. Nessuna ereditarietà o episodi riconducibili nella storia familiare. Nessuno scompenso fisiologico. Sostanzialmente sano. Non fuma. Non beve in eccesso. Un lavoro ed una posizione invidiabile. Nessun problema con le donne… […] Una schizofrenia improvvisa con atteggiamenti ossessivo compulsivi ad indirizzo monotematico. Un giorno viene trovato in spiaggia in stato confusionale. Ricoverato. Questi disegni” –  “Cosa sono?” – “Una stazione di servizio. Ritratta in decine di versioni diverse. E un albero” – “Un albero secco” – “Si” – “Che tristezza” – “Li ha fatti lui?” – “Si” – “Devono valere un sacco di soldi” – “Non credo” – “E’ uno scrittore, non un pittore” – “Niente Van Gogh” – “Non questa volta” (pp.21-22)