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Se preferisci puoi ascoltare questo articolo su Spotify avviando il Podcast Ansia e attacchi di panico. La voce dello Psicologo è un progetto in collaborazione con AdolescenzaInForma e l’Associazione culturale Brillantemente. Testi a cura della Dott.ssa Prisca Ravazzin e del Dott. Matteo La Rovere. Voce del Dott. Matteo La Rovere (fb – instagram). 

Ansia e attacchi di panico possono condizionare pesantemente la nostra vita

L’ansia e gli attacchi di panico generano sensazioni che possono essere davvero disturbanti e che molti, nel corso della vita, hanno sperimentato.

Negli ultimi anni, infatti, sono notevolmente aumentati i disturbi legati all’ansia e agli attacchi di panico.
Bambini e adolescenti che manifestano inquietudine all’idea di affrontare la scuola o le relazioni,
adulti che attuano comportamenti di controllo o di evitamento per non incorrere nel ripetersi di un attacco di panico che li ha lasciati nel terrore.


L’ansia e gli attacchi di panico sono infatti esperienze che possono condizionare in modo pesante la vita di chi le prova, limitando pesantemente il loro spazio vitale.

Cos’è l’ansia?

Prima di diventare un possibile problema, l’ansia è una riposta normale dell’organismo che viene attivato di fronte ad uno stimolo esterno. E’ quindi uno stato necessario all’adattamento che aiuta ad affrontare situazioni particolarmente difficili. L’ansia può essere legata a preoccupazioni legate al futuro, ad eventi e oggetti precisi o essere apparentemente priva di una causa specifica.

Nel momento in cui entriamo in contatto con una emozione che ci è particolarmente gravosa, il nostro sistema mente-corpo entra in allarme e contemporaneamente ci distoglie dall’emozione. Tale stato di allarme e di copertura è appunto l’ansia.

L’ansia e l’inconscio

Inconsciamente possiamo vivere pensieri ed emozioni che ci sono in qualche modo proibiti o rispetto ai quali viviamo un conflitto. Nel momento in cui queste emozioni premono per emergere possiamo usare diversi tipi di difese per non entrare in contatto con quello che proviamo e che ci sarebbe troppo doloroso riconoscere. Se questi meccanismi di difesa non sono sufficienti, perchè lo stimolo è così intenso da superarli, emerge l’ansia.

Uno stato generalizzato che copre ed appiattisce le emozioni che, in questo modo, non risultano più percepibili come definite e differenziate. Questo spiega anche perchè, quando si vive uno stato di ansia particolarmente intenso, è difficile poter spiegare quale ne sia la causa. Se non possiamo riconoscere quello che proviamo l’ansia diventa una valvola di sfogo neutra. Proviamo ansia, quindi, perchè non possiamo permetterci di vivere l’emozione specifica che una situazione ci suscita.

Possiamo immaginare l’ansia come una sirena che suona per segnalare un allarme e che, contemporaneamente, ci distoglie da quello che proviamo più profondamente.

Quali sono i disturbi d’ansia?

Quando l’ansia è assente, eccessiva o troppo persistente può segnalare una patologia.
Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM 5) identifica diverse categorie di disturbi d’ansia:

  • disturbo d’ansia da separazione
  • mutismo selettivo (cioè l’incapacità di parlare in alcuni contesti sociali)
  • agorafobia (cioè la paura degli spazi aperti o affollati)
  • l’ipocondria
  • fobie specifiche (come la paura dei ragni o di volare)
  • il disturbo d’ansia generalizzata
  • il disturbo di panico
  • la fobia sociale
  • disturbo d’ansia indotto da sostanze
  • disturbo d’ansia causato da altre situazioni mediche

Ansia ed emozioni

L’aumento di questo tipo di disturbi può essere legato anche al fatto che viviamo in una società che non favorisce il contatto con le emozioni più profonde. La tendenza, al contrario, è quella di negare e svalutare le emozioni o di amplificarle in modo superficiale.

Provare un’emozione significa avvertire un cambiamento che coinvolge sentimenti e pensieri; percepire contemporaneamente un’attivazione fisiologica spesso molto intensa (come un’alterazione respiratoria o cardiaca) e adottare un comportamento che la esprime (ad esempio scappare o gridare). Le emozioni sono dunque processi psichici molto complessi rivolti alla comprensione della relazione reciproca tra l’essere vivente e la realtà. Realtà concreta e presente o immaginata e futura.

Le emozioni primarie sono considerate universali, innate e trasversali a qualsiasi epoca o cultura.
Ne sono state identificate 7:

  • rabbia
  • paura
  • tristezza
  • gioia
  • sorpresa
  • disprezzo
  • disgusto

Sono definite invece emozioni secondarie quelle che hanno origine dall’incontro di quelle primarie con l’esperienza di ciascuno e il suo contesto sociale.
Ad esempio: speranza, allegria, gelosia, invidia, vergogna, ansia, rassegnazione, nostalgia, rimorso, delusione, perdono.

Il sistema delle emozioni

Il sistema delle emozioni è frutto della lunga selezione naturale e dell’adattamento all’ambiente. E’ infatti il sistema che ci aiuta a dare un senso alla relazione tra noi e la realtà.
Molti disturbi d’ansia sono collegati alla difficoltà di riconoscere e vivere le proprie emozioni che a volte possono essere improvvise e particolarmente intense.

E’ il caso di una situazione di pericolo. Mentre il sistema cognitivo richiede un certo tempo per comprendere la realtà, vengono immediatamente attivati specifici circuiti cerebrali che generano le emozioni.
Queste reazioni vegetative, ormonali e comportamentali spingono a reagire tempestivamente al pericolo sentito come imminente.
Le reazioni ad un pericolo possono quindi essere di diverso tipo a seconda del tempo che richiedono per essere adottate e dei sistemi cerebrali coinvolti. Le principali sono:

  • la fuga o l’evitamento
  • la controaggressione
  • l’immobilizzazione o l’adozione di atteggiamenti compiacenti o di Falso Sè
  • il raggiungimento di un compromesso

La paura ha quindi:

  • una funzione cognitiva, poiché indica un potenziale pericolo
  • un funzione motivazionale, poiché, necessitando di essere gestita, spinge all’azione
  • e una funzione comunicativa

In generale avere un buon rapporto con le proprie emozioni significa percepirle e riconoscerle, riuscire ad integrarle con il sistema cognitivo e imparare a gestirle.

Quando una persona ha paura ha le sue motivazioni per averne e, prima di ogni altra cosa, è importante rispettare queste ragioni e cercare di comprendere cosa viene segnalato attraverso la paura.

Sperimentare ansia e attacchi di panico: Sara e Sonia

Proviamo adesso a calare quanto detto nell’esperienza di Sara e Sonia che, in modi diversi, si sono trovate ad avere a che fare con l’ansia.

Sara

Sara ha 39 anni. Da quando l’anziana madre ha iniziato le cure per una grave malattia lei non si sente preoccupata per la sua salute, ma ha iniziato a vivere in uno stato d’ansia costante. Ogni evento la mette in allarme. Se assiste ad una lite, vede immagini violente in televisione o sente passare un’ambulanza a sirene spiegate, va in panico e riesce a calmarsi solo tornando a casa o venendo rassicurata da qualcuno. Si sente così tesa che non riesce più a guidare, è preoccupata all’idea di dover fare la spesa al supermercato e un po’ alla volta sta iniziando ad uscire sempre meno di casa. L’idea di andare a trovare la madre in ospedale la terrorizza e riesce ad andarci solo se accompagnata. Sara sembra faticare a riconoscere la sua preoccupazione per la madre e la paura legata alla sua possibile perdita. Si sente però invasa da un’ansia diffusa alla quale non riesce a trovare una causa.

Sonia

Sonia era un’appassionata sportiva. Fin da piccola il padre la accompagnava a nuoto e ad atletica mentre la madre, iperprotettiva, la riempiva di raccomandazioni. Da quando Sonia aveva iniziato a girare per la città con i pattini insieme ad un gruppo di amici le preoccupazioni della madre erano aumentate. Sembrava un’attività troppo pericolosa. Una sera Sonia era tornata a casa accompagnata da un amico in preda ad un attacco di panico che l’aveva colta, improvvisamente, dopo una discesa particolarmente veloce. Da quel giorno Sara ha smesso qualsiasi attività fisica temendo di poter vivere nuovamente quelle sensazioni spaventose.

Possibili cause di ansia e attacchi di panico

Spesso un’eccessiva attivazione della paura può essere legata ad un ambiente spaventato e spaventante, ad un ambiente che vive come pericoloso l’estraneo e l’ignoto e che tende a rimuovere il dolore.
Per uno sviluppo armonioso è importante infatti che le emozioni sperimentate dal bambino vengano riconosciute e validate dagli adulti di riferimento così che il bambino possa imparare a riconoscerle e a conoscersi.

Al contrario, adulti ansiosi possono indurre nei bambini una sensazione di timore diffuso e negli adolescenti una scarsa sicurezza e una bassa autostima. Aspetti questi che rendono difficile immaginare e costruire un proprio progetto di vita. In questi casi la curiosità e la spinta vitale verso il mondo possono essere fortemente limitate a favore di comportamenti di ritiro e alla difficoltà di rimanere in contatto con il proprio mondo interno vissuto come spaventoso e intollerabile.


Per questo motivo le situazioni di vita che sollecitano possibili delusioni o frustrazioni vengono sempre più spesso evitate: dal compito in classe, al confronto con gli altri, dai rapporti di lavoro alle interazioni sociali.

La nostra società sembra sostenere il piacere e le facili gratificazioni e rifiutare la sofferenza e il possibile conflitto. Questo non favorisce il contatto con le proprie emozioni che rimangono estranee e disturbanti. E’ frequente osservare, soprattutto nei più giovani, la tendenza a evitare quello che provano o a viverlo in modo esasperato. Come se fosse per loro difficile entrare in contatto in modo equilibrato e consapevole con il loro mondo interno.

Permettersi di vivere le emozioni

Accogliere le proprie emozioni significa anche trovarsi di fronte all’incertezza e all’ignoto, aspetti che possono turbare, ma che permettono l’attivarsi di immaginazione e fantasia su di sé e sul proprio futuro. Permettersi di sperimentare quello che si prova significa diventare consapevoli che non possiamo controllare tutto, che abbiamo dei limiti, che non siamo onnipotenti.

La paura può metterci in contatto con aspetti fragili e vulnerabili di noi stessi che, solo se portati alla luce, possono renderci più consapevoli di come siamo. E’ proprio tenere parti di noi profondamente nascoste o negate che favorisce invece l’emersione di sintomi ansiosi o l’attivazione degli attacchi di panico.

Lo stato ansiosi di Sara è rientrato infatti solo quando è riuscita a riconoscere che la malattia dalla madre, alla quale era da sempre molto legata, la spaventava molto. Entrare in contatto con questa paura l’aveva posta di fronte alla sua impotenza e all’idea che la madre avrebbe potuto morire, quindi ai limiti della vita stessa. Nello stesso tempo però, questo nuovo contatto con parti di sé, prima negate, le ha permesso anche di riconoscere la sua forza e di sentirsi nuovamente in grado di sostenere la quotidianità.

L’analfabetismo emozionale

Negli attacchi di panico gli intensi sintomi fisici vengono percepiti come separati dalle emozioni che li generano lasciandoli privi di un significato e per questo ancora più spaventosi. L’analfabetismo emozionale diventa così causa del possibile ripetersi di un attacco di panico di fonte ad ogni stimolo intrapsichico e relazionale.

L’apparente mancanza di senso induce la persona che ha fatto questa terribile esperienza a evitare quindi, con tutte le sue forze, quelle situazioni che ritiene potrebbero causare il ripetersi dell’attacco. Si entra così nella spirale della paura di avere paura. In questo modo però il rischio è che un po’ alla volta venga evitata ogni situazione vitale in cui uno stimolo possa suscitare emozioni intense.

Il mondo interno

E’ quindi importante poter riconoscere quello che si prova, attribuirgli un senso adeguato al contesto e imparare a gestirlo rispettando le proprie emozioni come preziosi segnali del nostro mondo interno.

Quando la gestione delle emozioni appare eccessivamente difficoltosa o i sintomi ansiosi diventano debilitanti, può essere utile un supporto psicoterapeutico e farmacologico.
Lo psicoterapeuta può aiutare a diventare consapevoli delle proprie emozioni e della loro manifestazione nel corpo, gettando così un ponte tra i vissuti emotivi e quelli somatici.

Sonia, dopo un’anno di inattività, desiderando riprendere lo sport si era rivolta ad uno psicoterapeuta poiché da sola le sembrava di non riuscire a superare le sue paure. Nel corso del tempo è riuscita a riprendere con minor timore quello che faceva prima riconoscendo le atmosfere e i vissuti del suo ambiente familiare e riuscendo a individuarsi meglio come persona autonoma.