Il setting
Il concetto di setting psicoterapeutico, conosce una duplice evoluzione. Quella storica, che ha visto il passaggio dall’analista specchio all’oggetto concavo di Benedetti (1991), e quella che caratterizza ogni singola psicoterapia in cui il rapporto terapeutico è dinamico. Nasce, si sviluppa nelle sue mutevoli forme e poi si conclude adeguandosi di volta in volta alla cornice o modificandola.
L’evoluzione della psicoterapia, e della posizione che la figura dello psicoterapeuta può assumere, stanno conoscendo un notevole ulteriore impulso proveniente da discipline diverse. In particolare dalle Neuroscienze e dall’Infant Research. Concetti come i neuroni specchio e la conoscenza procedurale confermano molte delle intuizioni fatte da diversi autori nel solco della psicoanalisi di questi anni. Nello stesso tempo, aprono a nuovi orizzonti di studio.
Fattori terapeutici
L’idea che alcuni fattori terapeutici impliciti possano influire sul processo psicoterapeutico, al pari degli aspetti espliciti, offre notevoli stimoli. Per tradizione la psicoanalisi ha generalmente assegnato un ruolo privilegiato agli aspetti verbali e simbolici della comunicazione, all’interpretazione, all’insight. Pensare che aspetti impliciti possano influenzare la psicoterapia pone nuovi interrogativi rispetto all’idea che l’azione possa essere vista non solo come “il risultato del rimosso, cioè dell’inconscio dinamico che appartiene al simbolico, ma anche del funzionamento automatico della modalità implicita” (Rodini 2008, p.89).
L’Infant Research, attraverso l’analisi di interazioni diadiche filmate, ha evidenziato quanto la regolazione del rapporto sia determinata da continui micromovimenti adattivi. Dalla voce, dal tono, dalla postura, dai movimenti e dal costante tentativo di entrare in comunicazione con l’altro attraverso continue connessioni e rotture. Come per il bambino, anche lo stato del paziente viene influenzato dal rapporto psicoterapeutico attraverso la comunicazione procedurale. Secondo alcuni autori, è proprio questo l’aspetto determinante il cambiamento. In questa prospettiva esistono aspetti profondi del rapporto che lo influenzano spesso inconsapevolmente (Rodini, 2008).
“Qualcosa di sé comincia a esistere, se c’è qualcun altro che lo considera degno di esistere, accogliendolo dentro di sé, aggiungendovi qualcosa e restituendolo in una forma comunicabile” (Di Benedetto 2000, p. 69).
Una realtà condivisa
Non c’è una realtà già data e oggettiva da conoscere e una persona, o una coppia, che la possono comprendere, ma un’interazione tra due persone che possono costruire, a partire dal loro essere, una realtà condivisa, una delle infinite possibili. In questo senso risulta evidente come ogni diversa interazione, e quindi ogni coppia, produca una realtà differente pur mantenendo fermo uno degli elementi della coppia. La stessa ermeneutica contemporanea esprime, nell’incontro dei significati, la creazione di realtà diverse.
Viviamo il progressivo allontanamento da una realtà oggettiva che deve solo essere conosciuta verso una realtà che esiste anche a partire dal soggetto conoscente che vi è immerso. L’incontro della sua soggettività con quella dell’altro conduce ad una diversa responsabilità dell’atto conoscitivo.
Bibliografia
Benedetti G. (1991) Paziente e terapeuta nell’esperienza psicotica, Bollati Boringhieri, Torino.
Di Benedetto A. (2001) Prima della parola. L’ascolto psicoanalitico del non detto attraverso le forme dell’arte. Franco Angeli, Milano.
Rodini C. (2008) L’importanza del ricerca infantile per la psicoanalisi. p.51-104. In Le forme di intersoggettivà. L’implicito e l’esplicito nelle relazioni interpersonali. A cura di Lucia Carli e Carlo Rodini. Raffaello Cortina Editore, Milano, 2008.