Ansia

 

Ansia. Una manifestazione fondamentale dell’essere nel mondo.

(Martin Heidegger)

La paura accompagna l’uomo dalle sue origini e dalla sua nascita. “L’atto della nascita è la prima esperienza d’ansia e quindi la fonte e il prototipo della sensazione d’ansia” (Sigmund Freud). E’ paura della morte, dell’altro, dello sconosciuto. Paura quindi dell’incertezza e di quello che non si sa o non si capisce.

 

Cos’è l’ansia?

L’ansia è uno stato psichico contraddistinto da agitazione e paura. In ambito psicoterapeutico più che di ansia si parla di angoscia anche se spesso i termini vengono sovrapposti.

L’ansia sembra possedere una causa riconoscibile, interna o esterna, reale o immaginaria. L’angoscia invece non rimanda ad un oggetto identificabile. Sembra riguardare qualcosa di necessario e di mancante che si pone al confine tra corpo e anima. Qualcosa che minaccia l’esistenza senza cause evidenti e senza una soluzione alla quale poter ricorrere.

L’ansia è spesso associata a sintomi fisici: sudorazione delle mani, tachicardia, senso di oppressione al petto, affanno, tremori. Quando è persistente può sfociare in un attacco di panico o in una reazione fobica.

Le sensazioni psicofisiche che la caratterizzano la rendono un disagio particolarmente disturbante che può portare chi la vive ad utilizzare strategie di evitamento che possono condizionare, anche pesantemente, la propria vita. Può quindi essere definita come uno stato soggettivo che richiede di essere gestito.

 

A cosa serve l’ansia?

L’ansia può essere un segnale prezioso poiché indica una minaccia dalla quale difendersi o una situazione che richiede una rapida attivazione fisiologica. Se non è eccessiva è infatti uno strumento indispensabile che consente di affrontare al meglio prestazioni importanti. Quando invece è troppa può privare chi la vive di molte risorse perché attira con particolare intensità l’attenzione su di sé e sulle proprie paure.

La distorsione dei meccanismi che indicano un pericolo vanno dall’assenza di angoscia di fronte ad una situazione potenzialmente pericolosa, all’attacco di panico in assenza di evidenti cause dirette.

 

Ansia e panico

A differenza dell’ansia/angoscia l’attacco di panico ha un esordio improvviso e i sintomi sono particolarmente intensi anche se di breve durata: sudorazione, aumento della frequenza cardiaca, vertigini e tremori, sensazione di soffocamento e di morte, diarrea, vomito.

E’ una paura che la mente non riesce a contenere e che, per questo motivo, viene scaricata nel corpo. Chi ne fa esperienza spesso si aspetta che l’attacco si ripeta e può iniziare ad evitare situazioni, luoghi e, più in generale, ogni minimo stimolo corporeo che teme possa scatenare un attacco (come bere, fumare, assumere farmaci, fare attività fisica). Talvolta chi ha attacchi di panico può vivere anche episodi di claustrofobia o di agorafobia e tende a cercare rassicurazione nella presenza di qualcuno che lo aiuti a calmarsi.

 

Ansia e farmaci

L’orientamento farmacologico considera il panico come uno stato dovuto ad alterazioni neurofisiologiche che possono avere anche una natura genetica. Il trattamento farmacologico è usato di frequente per attenuare i sintomi. L’eventuale problema sottostante l’angoscia o la sua gestione tuttavia, in questo approccio, non viene affrontato. L’urgenza è abbassare l’intensità delle emozioni e delle sensazioni vissute, talvolta senza permettersi di ascoltarle pienamente proprio perché disturbanti.

Un’altra via praticabile è la psicoterapia, eventualmente associata ai farmaci.

 

Ansia e psicoterapia psicodinamica

Le modalità psicoterapeutiche maggiormente praticate per il trattamento dei disturbi d’ansia rientrano nelle terapie cognitivo-comportamentali e nelle terapie psicodinamiche. La psicoterapia può aiutare il paziente a ritrovare ciò che è andato perduto nel corso del tempo perché impensabile. Infatti l’angoscia può derivare da sentimenti e impulsi che non sono stati tradotti in pensiero diventando così un sintomo apparentemente senza senso.

Nelle persone che soffrono di attacchi di panico quindi può essere mancata un’esperienza di contenimento delle emozioni che così si accumulano, diventando sempre più confuse e poco familiari. Al contrario, più si è disponibili ad ascoltare e a dare un senso a quello che si vive, più è difficile sperimentare stati di eccessiva angoscia. Anche riconoscere il collegamento tra le sensazioni corporee e le emozioni facilita la gestione del vissuto nella sua interezza e non lascia in balia di stimoli privi di senso che possono tradursi in ansia o in attacchi di panico in occasione di un evento di vita particolarmente rilevante o inatteso.

Lo psicoterapeuta può appunto accompagnare il paziente nel riconoscimento di quello che vive. Può aiutarlo ad accostarsi al “conosciuto non pensato” (Bollas) e a trovare le parole per dare un significato e una rappresentazione mentale a quello che alimenti rimane incistato nel corpo. Se necessario può collaborare con uno psichiatra per l’eventuale prescrizione di farmaci utili per superare i momenti più acuti del disturbo.